Cenni storici Teatro Pergolesi

La città di Jesi si trova nella Regione Marche in provincia di Ancona, a una trentina di chilometri dall’omonimo capoluogo regionale e a circa 20 km dal mar Adriatico.

Città d’arte e di storia, Jesi offre i servizi, l’animazione e la qualità di vita di una città a misura d’uomo in mezzo alle colline, a metà strada tra il mare e la montagna.

Qui nacquero l’imperatore Federico II di Hohenstaufen e il musicista Giovanni Battista Pergolesi.

Altro motivo di celebrità mondiale è senz’altro il Verdicchio dei Castelli di Jesi, vino bianco dal colore giallo paglierino, molte volte premiato nei più importanti concorsi internazionali vinicoli.

L’UNESCO (1969) l’ha indicata come “città esemplare” per la persistenza nel tessuto urbano contemporaneo del castrum romano. Scoprire Jesi significa pertanto immergersi in una realtà ricca di storia e d’arte che si evidenzia non solo visitando uno dei tre musei, il Teatro settecentesco o il fondo storico della Biblioteca comunale ma anche passeggiando nell’antica parte medievale per ammirare la cinta muraria e i palazzi nobiliari o semplicemente percorrendo l’intreccio dei vicoli, delle scalinate e delle piazzette.

Una città tranquilla, generosa e accogliente che svela a chi si ferma un patrimonio architettonico, artistico ed enogastronomico eccezionale;

Una posizione geografica che ne fa un luogo di soggiorno ideale, punto di partenza per la scoperta dei famosi Castelli di Jesi, della Regione Marche e dell’Italia centrale.

TEATRO G.B. PERGOLESI

Per rispondere all’esigenza sempre più sentita di uno spazio teatrale adeguato alle rappresentazioni, che il vecchio Teatro del Leone (1731) – “poco elegante” oltre che “molto incomodo e pericoloso” – non poteva più soddisfare, nel 1790 venne presa la decisione di costruire un nuovo teatro per la città di Jesi. Ne furono sostenitori un gruppo di nobili cittadini e il Prelato Governatore Mons. D. Pietro Gravina dei Grandi di Spagna, che preventivarono una spesa di 16.000 scudi (in effetti, questa ammontò a 24.000), da recuperarsi con la vendita dei palchetti, in tutto 100, suddivisi su quattro ordini. Il nuovo Teatro della Concordia – secondo la primitiva denominazione – nacque in realtà sui progetti tutt’altro che concordi dei due architetti designati all’opera: il fanese Francesco Maria Ciaraffoni e l’imolese Cosimo Morelli, quest’ultimo senza dubbio superiore all’altro nella progettazione teatrale, di cui fu uno dei più rinomati specialisti dell’epoca. E’ a Morelli che si deve, ad esempio, la definizione dell’ampia curva ellittica della sala, da cui dipende la sua ottima acustica. Per le decorazioni pittoriche vennero invece convocati due famosi artisti neoclassici: l’architetto Giovanni Antonio Antolini (autore del celebre Foro Bonaparte di Milano, mai realizzato), al quale spettò la progettazione scenico-arredativa del teatro, e il pittore Felice Giani, che insieme all’ornatista Gaetano Bartolani e agli aiuti Francesco Micarelli e Giuseppe Guiducci dipinse le Storie di Apollo sulla volta della sala.

In questa veste il teatro venne inaugurato nel carnevale del 1798, ma non alla presenza dei nobili finanziatori quanto del popolo e dei giacobini, che nel frattempo avevano invaso la città in seguito alla vittoria napoleonica e al trattato di Campoformio. Per l’occasione vennero rappresentate tre operine, di cui due di Marc’Antonio Portogallo Lo spazzacamino principe e Le confusioni della somiglianza ossia Li due gobbi e la terza La capricciosa corretta di V. Martin y Soler.

Nel corso dell’Ottocento numerosi furono gli interventi a cui fu sottoposto il teatro: dalla sistemazione della piazza antistante, verso il 1828, ai lavori di ampliamento, tra il 1834 e il 1837 (anni in cui il Concordia rimase chiuso), sino all’installazione nel 1839 dell’orologio monumentale sulla facciata, finanziato dal principe Beauharnais in seguito alla calorosa accoglienza ricevuta l’anno prima durante la sua visita a Jesi.

Nel 1850 venne realizzato dal pittore jesino Luigi Mancini il sipario storico (restaurato nel 1995), in cui fu raffigurato con tipico gusto romantico l’ingresso di Federico II a Jesi, dove il grande imperatore svevo era nato nel 1194 e che egli amava chiamare “la mia Betlemme”. In realtà questo ritorno alla città natale – che la leggenda data al 1220 – pare non sia mai avvenuto. Nel 1883 il teatro acquisì la denominazione definitiva di “Giovanni Battista Pergolesi”, in omaggio al celebre compositore nato nella stessa Jesi. Negli anni successivi, però la tradizione lirica del teatro conobbe momenti di stasi, dovuti all’affermarsi di spettacoli leggeri (operette, caffè concerto, proiezioni cinematografiche), alla necessità di interventi di consolidamento (in particolare del tetto), agli eventi bellici. La difficile gestione economica spinse i Condomini proprietari a vendere il Pergolesi al Comune, che nel 1929 l’acquistò, assumendosi tutti gli oneri e le passività relativi, per la cifra di 247.460 lire. L’attività teatrale non conobbe comunque una ripresa rilevante se non tra il 1934 e il 1942 (si può ricordare una fortunata edizione del Barbiere di Siviglia nel ’34, con Mercedes Capsir e Giovanni Manurita, diretta da Riccardo Zandonai e un Rigoletto nel ’42 con Gino Bechi), dopo di che seguirono periodi a singhiozzo di chiusura. Nel 1947 il teatro riaprì, ospitando anche artisti di fama, come Benvenuto Franci (nell’Andrea Chénier), Clara Petrella e Bruno Landi (nella Manon di Massenet, nel ’49), Mafalda Favero e Aldo Protti (in Bohème, nel ’50), la giovanissima Renata Scotto, che nel ’53 affrontò per la prima volta uno dei suoi futuri cavalli di battaglia, Madama Butterfly. In occasione del 250° anniversario della nascita di Pergolesi venne ospitata nel 1960 una fortunata edizione de Lo frate ‘nnammurato, per la regia di Franco Zeffirelli, proveniente dalla Scala di Milano, che nel ’68 portò a Jesi anche il suo corpo di ballo, per uno spettacolo con Carla Fracci.

Il 1968 fu un anno decisivo per il Pergolesi, che grazie all’interessamento del direttore artistico Carlo Perucci, ottenne il riconoscimento di “Teatro di Tradizione“, qualifica particolarmente significativa anche perché mai assegnata prima a un teatro situato in una città non capoluogo di provincia. Da allora il teatro di Jesi ha regolarmente programmato la sua stagione lirica – con abituali appuntamenti concertistici e di balletto – nel periodo autunnale.

Dall’estate 2005 la Fondazione Pergolesi Spontini si occupa della gestione del teatro organizzando eventi artistici e molte altre attività al suo interno, arricchendone e sviluppandone in questo modo la notevole eredità artistica e culturale.

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