XIX FESTIVAL PERGOLESI SPONTINI

Bellininews, 3 settembre 2019
Il paradiso può attendere
di Paolo Patrizi

Condannati al paradiso. Così Schönberg definiva quei musicisti austro-tedeschi (Zemlinsky, Korngold, Weill, Dessau, Krenek, Hindemith, lui stesso…) che sotto il nazismo espatriarono oltreoceano per motivi razziali o di mera incompatibilità estetico-politica, accolti a braccia aperte da un’America che seppe ben ripagarli anche finanziariamente: però al prezzo – inevitabile – d’un devastante sradicamento culturale. Né il fenomeno si limitò a compositori di lingua tedesca. Ecco allora Rachmaninov che, all’indomani della Rivoluzione d’ottobre, si ritrova compiaciuto e sperduto tra le mille luci di New York. Ed ecco Mario Castelnuovo-Tedesco, compositore di punta della generazione post-pizzettiana nonché allievo di Pizzetti stesso, costretto a fare le valigie dopo le leggi razziali del ‘38 e a trasformarsi, al pari del collega Korngold, da cesellato autore di musica colta a prolifico cuciniere di colonne sonore per la fabbrica hollywoodiana.

Tale sgambetto della Storia non ha permesso un’autentica perlustrazione dell’arte di questo musicista. Il quale, a orrori decantati, dal paradiso tornò spesso, ma con passaporto americano in tasca, per chiudere definitivamente gli occhi, a trent’anni esatti dall’inizio dell’esilio, non nella natia Firenze ma a Beverly Hills. Il suo talento proteiforme (..) resta un territorio ancora in gran parte inesplorato, forse davvero sviscerato solo sul versante chitarristico. E la riproposta a Jesi dell’operina “francese” Aucassin et Nicolette, concepita alla fine degli anni Dieci, poi composta proprio nel cruciale 1938, infine rappresentata nel dopoguerra (Maggio Musicale Fiorentino 1952), torna utile ad aprire uno spiraglio nuovo. O, chissà, a spianare la strada per ricognizioni future. (…)

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