Spontini e Wagner
Nel 1840 moriva Federico Guglielmo III, il principale sostegno a Berlino di Gaspare Spontini. Nel 1841, dopo continue dispute con il nuovo sovrintendente al Teatro von Redern, Gaspare Spontini fu addirittura accusato di lesa maestà e condannato, in luglio, a nove mesi di prigione. Nel 1842, rimosso dall’impiego, Federico Guglielmo IV gli assegna una pensione. Il musicista è costretto anche a subire l’umiliazione di vedere il suo incarico affidato all’acerrimo nemico Meyerbeer. In Germania, in questi anni di cocenti delusioni, sarà Dresda che gli tributerà un grande onore: La Vestale prodotta a Dresda nel 1844 viene infatti accolta in maniera entusiastica. In questa occasione avviene l’incontro e la collaborazione con Richard Wagner. Nello stesso anno Spontini è insignito del titolo papale di Sant’Andrea. “La fama così ampiamente estesa dei compositori d’opera italiani, come Cherubini e Spontini, non poteva nascere dall’operetta tedesca, essa doveva sorgere in Italia… da essa hanno appreso molto Auber, Boieldieu ed infine anch’io … ..” (Richard Wagner, Vita, Torino, 1953). Nel novembre 1844, dopo il trionfo de La Vestale a Copenaghen, Spontini era a Dresda dove, Wagner, Direttore del Teatro di Corte, era stato incaricato di preparare l’allestimento della grandiosa opera spontiniana. Richard Wagner rimase impressionato e folgorato dalla richiesta da parte di Gaspare Spontini di poter utilizzare non una bacchetta leggera, come avveniva di consueto, bensì nera, d’ebano, con terminazioni bianche: il musicista marchigiano inoltre si distinse agli occhi di Wagner per la forza con cui strinse la bacchetta a metà dell’impugnatura, e per la veemenza, degna di un maresciallo, con cui intese comandare più che dirigere l’orchestra. L’autobiografia di Richard Wagner è ricca di ricordi dedicati a Gaspare Spontini; ricordi eccezionali e illuminanti con cui il musicista tedesco riesce a penetrare e fissare per sempre la statura morale e musicale del maestro marchigiano. Wagner fotografa l’angoscia di Gaspare Spontini quando si rende conto di non poter più, dopo l’Agnese, cimentarsi con l’orchestrazione di un’altra opera che potesse superare il capolavoro da lui tanto amato e vive fino in fondo la constatazione dell’autore che dopo La Vestale non ci fosse stata opera di teatro che non avesse preso dalle sue partiture (una per tutte il Barbiere di Siviglia, che contiene sedici battute simili all’opera spontiniana). Altra pagina sorprendente è quella in cui emerge la convinzione di R. Wagner che senza la sesta eccedente de La vestale non esisterebbe affatto tutta la melodia moderna; o l’altra, che contiene l’amara affermazione di G. Spontini nei confronti di quella nazione, la Germania, più attenta a valorizzare F. J. Mendelssohn Bartholdy e F. Liszt alla corte del Re di Prussia a Berlino, che a diventare un luogo di rinnovamento della musica europea.